Come dicevo nell’ultimo post, sì, l’ho fatta. Ed è ovvio che sarò di parte, perché è la mia pastiera napoletana.
Ho seguito questa ricetta, quindi anche se ora vedrete descritti alcuni passaggi, rimando al link per le dosi e tutte le altre indicazioni precise. Perché non è che vi possiate poi fidare così tanto di me.
I grossi step sono tre: cuocere il grano, preparare la frolla e completare il ripieno. Più allestimento e cottura, ovviamente.
La parte con il grano è facile: si mette grano, latte, scorza di arancia e burro (che ho usato al posto dello strutto) in un pentolino e si lascia cuocere, mescolando finché non si forma un composto cremoso.
Se siete bravi e usate una pentola antiaderente, potrete evitare di dover stare venti minuti a grattare via le incrostazioni. Va be’ che il tempo ce l’avreste, tanto il grano dovrà raffreddare completamente.

Secondo punto: la pasta frolla. Qui ho seguito ricetta e dosi di famiglia, quindi non so come funzioni quella del link. Per sicurezza ho preparato 500g di farina (invece dei 300g suggeriti, che tanto con gli avanzi si fanno i biscottini), quindi vanno con 250g di zucchero, 250g di burro, 3 uova e una dose di lievito vanigliato.
Poi approfittate della prima planetaria disponibile e schiaffate dentro il tutto. No, non è vero, facciamo i seri: uova e zucchero, finché non si montano un pochino. Poi il burro ammorbidito, aggiunto a tocchetti. Farina, poco per volta, infine la dose di lievito. Aggiustate di farina se necessario e via in frigo a riposare, per almeno mezz’ora.

Il grano è raffreddato e la frolla riposata? È ora di finire il ripieno con tutti gli altri ingredienti. Ricotta e zucchero vanno lavorati per bene con una frusta (a mano o elettrica), per renderli cremosi. Non fate come me, che ho usato solo una forchetta e ci ho messo una vita.
Poi vanno tutti gli altri ingredienti (io stavo per dimenticarmi i tuorli, perché sono campionessa di idiozie), in ordine casuale, ma con la raccomandazione di mescolare tanto.

Armatevi di pazienza e prendete la teglia. Ungetela, oliatela, fate quello che vi pare, per me la soluzione migliore resta la carta forno, anche se è un tormento fare bene la fodera.
Si torna a prendere la frolla, lavorandola un pochino con le mani per scaldarla, e prepariamo il fondo della pastiera. Come per fare una crostata, ma con tutto il bordo alto.
Dentro il ripieno, livellatelo, poi divertitevi a fare le losanghe. Anche se non sono partenopea, ho rispettato le tradizioni, facendone 7. Se non altro perché ho apprezzato la leggenda di origine (che potete leggere qui).

Dopo 80 minuti di cottura a 170°C (forno statico, mi raccomando, se no vi si sfasano i calcoli), pregate che non si sia bruciato nulla e mettete a raffreddare.

Lo so che non si parla di zucchero a velo da nessuna parte, ma il mio forno tende a dorare un po’ troppo in superficie e non era carina da vedere.
Però è buona, giuro! Il ripieno è rimasto cremoso e la pasta friabile. Mi devo fare proprio i complimenti.

Confermo anche la fedeltà della ricetta, che vi ho lasciato linkata, e grazie Valeria.
È vero che si tratta di una ricetta lunga, ma non così complessa come sembra. Più che altro danno da fare i tempi tra una fase e l’altra, ma prendiamola come una lezione di vita riguardo l’attesa delle cose belle e quello che troviamo lungo la strada.